Digital Jockey

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Questi appunti sono curati specificatamente per il mixaggio di file audio, ma in generale hanno un senso anche più esteso per chi volesse orientarsi all’uso di strumentazioni tradizionali.

Qui cerchiamo di capire le caratteristiche audio-musicali di un brano e cosa succede quando avviene un passaggio da un pezzo all’altro e/o una sovrapposizione.

Questi sono argomenti più difficili a spiegare o a leggersi che non ad apprendere e a praticare dal vero, quindi occorre esercitarsi per comprendere e non spaccarsi il cervello per capire quello che scrivo. Sembra infatti che il concetto di tempo e di musica venga appreso dall’uomo prima ancora dell’imparare a parlare. Osservate come reagiscono i bambini piccoli quando ascoltano della musica che a loro piace: battere le mani e muoversi a ritmo è la cosa più naturale del mondo.
Il ballo inoltre è una delle attività preferite dalle donne che sono più disinvolte e portate a lasciarsi coinvolgere dalla musica sottolineandola con movimenti pieni di fascino…ma questi argomenti interessanti ci portano fuori tema.

Qui è necessaria una precisazione: non esiste un metodo per inparare a lavorare come un DJ. Queste indicazioni vogliono essere d’aiuto a chi sente una certa predisposizione alla faccenda, ma come per tutte le cose ci sono due categorie di persone a cui questo e altro del sito sono totalmente inutili e drammaticamente noiose: gli indiscutibilmente geni e i totalmente negati.
Quelli che sono nati con la musica nel proprio DNA si annoieranno molto nel leggere tutto questo e non avranno tempo da perdere a discutere o capire, perchè sono troppo impegnati nel diventare i n°1 nell’olimpo dei DJ. I totalmente negati sono coloro a cui la vita (o ,per chi è credente, Dio) gli ha preparato altre situazioni in cui essere bravi; con la musica, il mixaggio etc… è meglio lasciar perdere perchè non è proprio il caso.
Per tutti quelli della categoria di mezzo forse questa raccolta di suggerimenti potrebbe essere utile, ma ripeto: questi sono solo uno spunto per iniziare, i risultati si possono ottenere in molti modi diversi e può essere che molti siano già capaci di eseguire gli esercizi proposti.

Come avrete già notato, i concetti importanti sono indicati in arancione. Gli esercizi sono riportati in colore blu, così da agevolare la lettura. Abbiate pazienza, non si impara a guidare un’auto in un’oretta al volante come non si diventa bravi a fare mixaggi in un paio di giorni.

Caratteristiche musicali di un brano

Tutta la musica che sentiamo (e dico proprio tutta, cioè tutto ciò che il nostro cervello riconosce come musica) è un’insieme di suoni organizzato secondo delle regole precise. Le regole sono riferibili a concetti come ordine ed equilibrio. Il suono è una combinazione di onde meccaniche che vengono percepite dall’orecchio umano e che il cervello associa spesso a una sensazione piacevole. Il rumore manca di qualche caratteristica sopra elencata.

I suoni vengono prodotti da fenomeni naturali ma nel nostro caso soprattutto da strumenti musicali o strumenti elettronici. Un suono prodotto da un violino è diverso da quello di un pianoforte, anche se eseguono lo stesso motivo noi ce ne accorgiamo distintamente (timbro).
Tutti i suoni che si ascoltano sono organizzati in note. Do, re, mi, fa, sol, la, si sono le sette note fondamentali: esse sono presenti in tutto ciò che si ascolta e, in base alla nota fondamentale LA prodotta a 440 Hz di frequenza, organizzano il mondo dei suoni a crescere o scendere in suo riferimento. Si crea cioè un ordine per cui in base alla frequenza in cui sta un suono ed a intervalli abbastanza precisi, possiamo determinare la nota di quel suono in relazione al cosiddetto LA diapason.
Quindi le sette note si ripropongono e costruiscono una scala che si ripete ciclicamente verso l’alto e verso il basso, cioè avremmo ad intervalli regolari la stessa nota ma il suo suono sarà più acuto o più grave. Pensate alla tastiera di un pianoforte e il principio apparirà abbastanza chiaro.

Questo piccolo ma complicato elenco di concetti è significativo per un DJ in quanto, pur non dovendo cimentarsi con strumenti musicali ma con apparecchi di riproduzione, riesce così a comprendere come certi mixaggi sono particolarmente piacevoli non solo perchè i brani sono messi correttamente a tempo, ma anche perchè vi sono sovrapposizioni melodiche che non fanno a pugni dal punto di vista musicale.

Un susseguirsi di suoni non bastano a fare musica, occorrono ordine ed equilibrio fra loro. Qui entra in scena il tempo, che è uno degli elementi fondamentali a dare senso e vita ad un brano. Il tempo pone una regola che stabilisce quantità e durata delle note in un determinato periodo stabilito. Non si confonda il tempo con la velocità del brano, sono due cose diverse. Il tempo diventa un elemento di riconoscibilità caratteristica anche del tipo di musica che si sta suonando o ascoltando: si esprime con dei numeri frazionari e si comprende contando le battute. Un tempo 3/4 (un, due, tre – un, due, tre -…) è tipico del liscio (walzer, mazurka etc…); un tempo 2/4 (un, due – un, due – …) crea concitazione e rigore, quindi è adatto per le marce militari; un tempo 4/4 (un, due, tre, quattro – un, due, tre, quattro – …) è tipico di molta produzione musicale fra cui la dance, che più interessa a noi.

Il tempo regola anche la suddivisione delle note all’interno di ogni battuta secondo le stesse regole: ad esempio dentro un gruppo di 4/4, se voglio posso mettere quattro note della stessa durata (un, due, tre, quattro) oppure otto note con durata dimezzata, cioè raggruppandole a due a due, la durata di ciascun gruppetto di due è pari a quella di una che dura 1/4. Posso mettere anche note di durata diversa, purchè si vada a chiudere dei gruppetti di 4/4 che hanno la medesima durata, creando cioè un flusso di suoni in cui la velocità è costante. Non avete capito nulla, lo so: infatti ora scatta il primo esercizio!

Il tempo “mette dei paletti”, cioè crea dei riferimenti per chi esegue la musica. Permette di collocare le note in precisi momenti. Esercitatevi a contare il tempo sempre, per qualsiasi cosa ascoltate. Non metterete mai a tempo niente se il tempo non lo avete in testa, e senza capirlo è impossibile fare musica, anche mixarla.

Provate ad ascoltare dall’inizio alla fine un brano musicale dance, ad esempio un brano house in versione originale, cioè non preso da una compilation mixata. Battete le mani o la punta dei piedi e cercate di individuare il suo tempo. All’inizio vi appoggerete alla sua ritmica (tump, tump, tump, tump…) poi quando sarete allenati troverete il tempo anche quando questa non c’è, come nelle atmosfere iniziali o nei break.

Volete velocizzare il vostro addestramento “alla ricerca del tempo perduto”? Bene, allora ascoltate della musica classica e prendetene il tempo. Non sto diventando idiota, sto proprio proponendo a dei fanatici dell’unz-unz di ascoltare Mozart o Bach. Ve l’ho detto, il DJ deve ascoltare di tutto e comunque se l’uomo suona da migliaia di anni ci sarà un motivo vero?
Provate ad allenare l’orecchio al tempo su vari generi musicali, scoprirete cose interessanti nella musica etnica e nel latino-americano. Lasciate il jazz e l’hip-hop per ultimi se non siete ancora molto allenati.

Fatto tutto questo? State andando in giro mettendo a tempo tutto ciò che ascoltate? Le vostre dita iniziano a tamburellare in modo naturale? Ora complichiamo le cose…vediamo come sono strutturati i brani.
Ogni brano musicale è un insieme di strumenti, voci ed effetti che si mescolano.
Un esercizio interessante è iniziare, una volta che si è capaci di individuare il tempo, a distinguere tutti questi protagonisti.

Un esempio: un brano rock tipico degli anni 60, tipo una cosa dei Beatles. Il complesso è di quattro elementi, quindi quattro strumenti: basso, due chitarre, batteria…e voce, cioè qualcuno che suona anche canta. Imparate a distinguere durante l’ascolto il suono del basso ad esempio. All’inizio concentratevi solo su ciascun strumento; risentite più volte il brano per individuare tutti gli strumenti e le voci, separateli nella vostra mente dal loro stare insieme nel brano. Dovrete risentire il brano più volte ma quando sarete abituati alla cosa saprete separare ciascun evento al primo ascolto.
Prendete ora un brano house in versione club, cioè non la riduzione per le radio; nella maggioranza dei casi ci sarà un ingresso graduale degli eventi. Ad esempio inizia la ritmica, che dopo 8 o 16 gruppi di 4 battute introduce qualcosa di nuovo come degli effetti o lentamente inizia un crescendo del volume. Entra poi il basso, i tappeti di violini sintetici, finalmente le voci…il pezzo entra nel suo cuore e magari all’improvviso sparisce la ritmica e rimane basso e voce…Provate a fare anche voi questi ragionamenti, con ogni cosa che ascoltate. I brani infatti vanno conosciuti nella loro struttura e quando non avranno più segreti nella vostra mente immaginate, nel silenzio, di risuonarli.
Provate ad immaginare di avere in testa un mixer e di mettere in ciascun canale un evento che voi avete individuato. Iniziate a suonare in pezzo dentro di voi…provate a chiedervi: che succede se chiudo la ritmica e lascio solo basso e voce? E se la voce la alzo gradualmente mentre entra…?
Riuscite a fare questo nella vostra mente? E’ già un buon risultato.

Se volete può aiutarvi usare un foglio a righe e una penna. Se state ascoltando un pezzo house tracciate per ogni battuta una linea verticale sulla riga e un cerchietto sulla battuta di fine-inizio (linea, linea, linea, cerchio…). Alla fine avrete schematizzato la struttura del pezzo su un foglio…non importa se tralasciate qualcosa, non state compilando la denuncia dei redditi, è un appunto che serve a voi e basta.
Complichiamo la faccenda: foglio nuovo e riascoltiamo il brano. Ad ogni riga provate ad associare ora uno strumento: una riga per il basso, una per la ritmica, una per la voce etc…e prendete nota di dove iniziano e dove smettono, cioè segnate solo quando avviene l’evento. Fatto questo, che è molto noioso, lo so, avete appena compreso come funzionano gli editor multitraccia.

Ora entra in scena un fattore importantissimo sia per i musicisti che per i DJ, cioè la velocità del brano.
Il fatto che la musica sia a tempo non dice nulla su quanto sia “veloce” un pezzo. Chi suona infatti deve riferirsi ad un metronomo (apparecchietto che fa tic-tac e batte il tempo per i musicisti) o all’esperienza personale. La musica classica si affida a delle indicazioni messe negli spartiti come Adagio, Moderato, Andante, Allegro, Presto…etc…che indicano “quanto devono essere veloci i 4/4” del tempo. La musica dei DJ si affida al concetto di bpm, cioè Battute Al Minuto. Si classificano i brani in base alla loro velocità affine, espressa in bpm, cioè in numero di battute (unz, unz, unz…) che il brano riesce a contenere entro 60 secondi.

Quindi, il fatto che la musica house sia tutta a 4/4 non vuol dire assolutamente che due brani house siano accostabili così come sono. Occorre che abbiano le stesse battute al minuto ma ciò è molto raro…quindi è necessario regolare la loro velocità in funzione del pezzo precedente o successivo, o regolare entrambi in modo da incontrarsi in qualche punto.

Pensate sia semplice? Mettere un brano sullo stereo e prendendo il polso provate a sentire contemporaneamente il vostro battito cardiaco. Cercate di individuare quando i ritmi si accavallano: qual’è il più veloce? Di quanto? Difficile vero? Immaginate se ascoltate contemporaneamente due brani…non cercate di regolare il vostro ritmo cardiaco con il brano a meno che non siate un guru dello yoga nato in una casta di ninja.

Il DJ quindi ha due problemi quando cerca di sovrapporre i brani: dargli la stessa velocità e metterli poi in sincronia. Ascoltare due brani non in sincronia, nonostante abbiano la stessa velocità, può essere una delle situazioni più sgradevoli che possa capitare a un ascoltatore. A tutti sarà capitato di ascoltare due operai che in un cantiere iniziano a martellare insieme; iniziano a casaccio ma dopo un pò noterete che le martellate si sincronizzano. La sincronia crea un ordine che permette di compiere meglio il lavoro, se tutti hanno lo stesso ritmo; ha in sè qualcosa di rassicurante e di piacevolmente naturale. E’ il senso del lavoro di chi mette i dischi: cercare dei ritmi comuni, delle analogie…o negarle a volte se necessario. Un DJ che lavora su piatti o cdplayers utilizza il pitch-control della velocità e la tecnica del ripuntamento manuale del disco non in diffusione per la ricerca della sicronia corretta. Anni, anni e anni per padroneggiare mani,strumentazioni e tempi di attuazione.
Nel nostro caso, oggi un buon software di mixaggio mp3 è capace di mettere in sincronia due brani in pochissimi secondi con un click di mouse. E allora perchè allenare l’orecchio, gli esercizi etc…? Perchè il fatto che un software esegua le cose più difficili al posto nostro non è una scorciatoia verso la padronanza della tecnica, nè verso l’incremento della nostra cultura musicale. Se dopo un pò vedete che con il software riuscite solo a mixare sfumando da un pezzo all’altro, pur in sincronia e nient’altro, forse è il caso che lasciate perdere il mixaggio o ritornate ai vinili. La novità sta nella possibilità di sperimentare cose nuove quindi se un software non vi permette questo, o lo cambiate o smettete di usarlo.

Musica da ascolto vs musica da ballo
Una canzone rock o di musica leggera è organizzata in modo da avere un’introduzione, una serie di strofe e un ritornello: il testo varia nelle strofe e rimane fisso solitamente nel ritornello. La canzone termina con un finale o sfumando, cioè non è prevista fine.
Nella musica dance più ricercata l’attenzione invece si indirizza sullamodularità e sulla ripetizione di eventi concisi. Cioè, la varietà non è dovuta a grossi avvenimenti in senso musicale, ma a progressioni di volumi, inserimenti di strumenti o voci, pause della ritmica…

La canzone si comprende se l’attenzione si fissa sul suono e su concetti, che danno il meglio di sè in tre minuti circa; generalmente ruota tutta attorno al ritornello: una poesia.
Un brano dance invece si comprende in tempi molto lunghi, dilatati e l’attenzione si fissa sulla sua modularità, sulla ripetizione che rassicura l’ascoltatore e quindi invita al ballo: un racconto.

Un tipo di produzione dance cerca di avvicinare questi due aspetti facendo in modo di associare le sonorità invitanti all’aggregazione tipiche della musica da club alla narratività e la comunicazione immediata del messaggio tipico del rock o della musica leggera. Molti la chiamano “commerciale”…che vuol dire tutto o nulla.
Altro caso è l’hip-hop che spesso non è per nulla una cosa commerciale, ma qui si aprono discorsi che esulano dagli scopi del sito.

Individuare la ripetitività degli eventi è importante per un DJ perchè permette di agevolare il mixaggio e facilita, attraverso i campionatori presenti nei software, la creazione dei loop.
Un loop è un frammento di brano che se ascoltato da solo ripetutamente in sequenza senza fine, mantiene il tempo e potrebbe avere una vita a sè.
Perchè questo avvenga i software più avanzati hanno un campionatore / generatore automatico di loop in riferimento alle battute, cioè permettono una gamma di scelte fra tempi cha vanno da 1/8 a 16 battute di ripetizione. Vi sono anche software personalizzabili in cui si raggiunge le 64 e le 128 battute, la possibilità di marcare i loop e saltare qua e la dentro il brano senza creare asincronia.
Un buon software permette di generare un loop da vivo e di regolarne la posizione immediatamente, di lasciarlo o riprenderlo quando lo desideriamo, rallentarlo, accellerarlo etc…o addirittura sentirlo rovesciato.

Inoltre la possibilità di isolare dei loop con un software di mixaggio apre nuove prospettive nel suo utilizzo: la produzione musicale.
Infatti è possibile mettere in loop una frazione del brano e registrarla, o mettere in sincronia due o più brani in loop e registrarne il risultato. Prendere poi questo piccolo file e altri che isoliamo, elaborarli con un software di editing audio e riutilizzarlo in un sequencer multitraccia. Quello che occorre quindi è una visione globale delle possibilità di utilizzo del computer in cui vari software entrano in sinergia fra loro per creare la nostra musica.
Questo approccio, che permettere di cogliere il massimo da ciascun software, è alla base della filosofia operativa dei remix e del bastard-pop.
Operazioni che fino a qualche anno fa erano riservate agli studi audio professionali e costosi, oggi possono essere svolte in modo semplice e più economico tutte su un solo computer in tempi cortissimi. Inoltre, la diffusione di Linux e del software Open Source, permette di reperire degli applicativi semiprofessionali in modo gratuito e legale, spesso anche compatibili con le piattaforme windows e mac.